“Italiani e Giapponesi, quando stanno bene, sono sereni, felici, si comportano allo stesso modo; in contingenze negative, di stanchezza, di difficoltà, sono molto diversi. Voi dovete pensare, ragionare, usare sempre la testa ; noi no,prima dobbiamo fare. La stessa cosa nel karate, la tecnica è inutile, bisogna provare, non pensare. Nelle arti marziali se non si prova, se non si fa, non si arriva mai a capire. Questa è la differenza più grande che sento tra Italiani e Giapponesi. ……….. La strada (do) è diversa per ognuno di noi, ognuno ne sceglie una e la deve percorrere fino in fondo (jinbun no michi = la mia strada); non devo copiare la strada di un altro, nessuno può percorrere i miei passi: ci vuole coraggio, si può sbagliare ma se sbaglio; sbaglio io e io rispondo di me stesso: e solo io capisco dai miei sbagli e imparo a migliorare. L’obbiettivo di ogni strada è solo migliorare se stessi. ………….. Tecnicamente nel Karate tradizionale c’è sempre massimo controllo, Kime, Mai Ko. Per noi il Karate è un mezzo per migliorare se stesi, io non insegno a picchiare,a fare prevalere la ragione del più forte; chi è forte deve avere il massimo autocontrollo,capire nel profondo. Io ora ho capito che chi è più forte deve essere ancora più gentile, non il contrario(chi è più forte = più prepotente), ma per arrivare a questo deve soffrire, si deve temprare tecnicamente e fisicamente. Chi non ha sofferto,non arriverà mai alla gentilezza. Questa è la ‘virtù’ del Karate. C’è quella positiva = jintoku(virtù della personalità) e quella dell’ arte marziale = butoku, che non è solo cercare quello che è positivo, ma una virtù che insegna che tante voltesi soffre, tante volte si deve superare il momento della sofferenza; ci si deve dunque temprare tecnicamente. Cmq chi è forte deve allenarsi a migliorare se stesso e acquisire così la gentilezza. ………….. Come ho detto ‘tradizionale’ significa ‘continuare’ ma accettando cambiamenti e migliorie. Nel tempo tutto subisce un’ evoluzione, si cerca sempre di migliorare, di tenere il positivo e togliere il negativo. ……………. Nello Shotokan ci sono 26 Kata; chi non è capace né di fare Kumite né Kata non può parlare di tradizionale. ………….. Oggi gli stili nel Kumite si stanno avvicinando; ma non bisogna mai dimenticare la propria origine. Come ho gia detto solo conoscendo e accettando la nostra origine si è sicuri di sé stessi e diventa possibile accettare culture diverse dalle nostre. …………. A gli agonisti, ai giovani( italiani, giapponesi, inglesi, internazionali) piace il combattimento. Ognuno ha le sue caratteristiche e vorrebbe provarsi. Nel campo del Karate, ci sono tre possibilità: chi è forte fisicamente, oppure sportivo( che significa portato al combattimento), oppure chi propende per il Goshin Jitsu, la difesa personale. Quindi: nel primo caso lo fa per allenare i muscoli, nel secondo per prepararsi al combattimento, nel terzo per sapere difendersi. Gareggiare a livello internazionale è una grande opportunità per l’Italia, per i giovani, per capire non solo il Karate ma altre mentalità. La mente diventa più aperta. Per esempio io insegno che la tecnica di Karate è mezzo: chi è interessato al Karate deve approfondire la cultura giapponese, per esempio andare ai ristoranti giapponesi, leggere i libri sul Giappone, andare in Giappone, deve sapere tante cose della cultura giapponese. Altrimenti non si riesce a capire il Karate nel profondo. ……………. Dentro il Karate ci stanno tante cose:basta imparare e applicarle nella vita. Chi non è capace di applicare vuol dire che non ha ancora imparato, ha solo copiato esternamente. Nella nostra vita esistono i peccati di concupiscenza – i 108 bonno, (inganno delle passioni) diciamo noi in Giappone – esiste ciò che è negativo. Ma se le cose negative sono 49 e le positive 51, bene, si sta già migliorando, si è gia positivi. L’ importante è sempre cercare di migliorare, per questo c’è bisogno di tanto allenamento ed esperienza. Chi fa esperienza (anche tramite il Karate) comprende, accetta tutto ciò che è anche negativo, e impara ad applicare alla vita ciò che ha capito. Applicare non vuole dire solo imparare e basta, bisogna provare. Accettare la propria negatività e cercare di migliorare. “ognuno deve capire cosa gli piace, se preferisce una cosa piuttosto che un’ altra; finche la può avere bene, ma quando non può più e deve fare qualcosa che non gli piace, deve accettare quel momento perché lì c’è la chance, li ci si prova e ci si comincia a superare. Per esempio a qualcuno piace la carne, ne mangia tutti i giorni, poi un giorno basta, si stanca e non ne vuole più, vuole cambiare: quello è il momento di calarsi nel profondo di sé stessi, quello è il momento in cui si ha l’opportunità di capire e modificare. Bisogna capire profondamente e sottilmente: magari –è un esempio!- basta modificare il modo in cui si cucina la carne, aggiungere o togliere qualche ingrediente. L’ importante è capire e applicare. Così, abituandosi pian piano, la sua idea da negativa diventa positiva. Se diventa positiva, basta! In quel momento, insegna lo zen, si deve andare nel profondo e trasformare il negativo in positivo. Che sia tutto perfetto nella vita è difficile, impossibile, vero? I 108 bonno sono nella natura degli uomini. ………………. Penso che ognuno decida da solo quello che gli piace o non gli piace. Se uno continua (a fare una cosa) per anni e anni, significa che gli piace. Quando qualcosa piace davvero, per esempio se piace l’arte marziale, bisogna tirar fuori la propria personalità. Come il pittore sceglie la sua tecnica, la sceglie e la approfondisce, così anche noi scegliamo la tecnica, che ci piace di più, calcio o pugno, oppure un kata piuttosto che un altro. Cosi si deve entrarci e studiarla approfonditamente. Magari non ci piace una tecnica o un kata: si deve accettare e capire il perché. Così il Karate diventa mezzo per capire profondamente se stessi. Però non bisogna concentrarsi per capire, per migliorare, no: in questo gli italiani sono un po’ diversi. Devono sempre studiare, ragionare per capire: no, prima bisogna fare, fare, fare. Poi attraverso il Karate che è mezzo per migliorare, si arriveranno a capire tante cose. Anche il maestro Shirai credo insegni questo da sempre: non bisogna capire (con la testa) se una cosa ci piace o no, si deve ascoltare la sensazione che ci da. Non copiare (il concetto si deve copiare, non la tecnica:questa si può copiare solo agli inizi), non ragionare. Questa è la mia opinione: a te piace questa cosa? Ok, allora approfondiscila, piano piano la personalità verrà fuori. Da 45 anni pratico il Karate , tante volte avrei voluto smettere, ma continuo perché evidentemente mi piace. Allora, se non ho cambiato mestiere, significa che ho superato quei momenti. “A me piace la realtà, quando non c’è realtà non mi fido. Se mi piace qualcosa, la voglio mangiare, o toccare; facendone esperienza diretta, solo così arriva la sicurezza di sé e dei propri gusti. Sto dicendo la stessa cosa dall’inizio, si torna sempre allo steso punto: in qualsiasi cosa, in qualsiasi materia, in qualsiasi campo è uguale. Anche nell’arte ciò che conta è la sensazione: ci si muove d’istinto. Un mio difetto è quello di non calcolare mai prima, ma agire subito d’istinto; e dopo capire. Per esperienza se agisco per calcolo và male, se faccio una cosa perché sono convinto va bene: non so perché ma è proprio così!”
Intervista a Takeshi Naito DI Carli Rossi e Alice Ripa pubblicato sù SAMURAI