martedì 24 febbraio 2009

Primitivo, irruente,istintivo


“Italiani e Giapponesi, quando stanno bene, sono sereni, felici, si comportano allo stesso modo; in contingenze negative, di stanchezza, di difficoltà, sono molto diversi. Voi dovete pensare, ragionare, usare sempre la testa ; noi no,prima dobbiamo fare. La stessa cosa nel karate, la tecnica è inutile, bisogna provare, non pensare. Nelle arti marziali se non si prova, se non si fa, non si arriva mai a capire. Questa è la differenza più grande che sento tra Italiani e Giapponesi. ……….. La strada (do) è diversa per ognuno di noi, ognuno ne sceglie una e la deve percorrere fino in fondo (jinbun no michi = la mia strada); non devo copiare la strada di un altro, nessuno può percorrere i miei passi: ci vuole coraggio, si può sbagliare ma se sbaglio; sbaglio io e io rispondo di me stesso: e solo io capisco dai miei sbagli e imparo a migliorare. L’obbiettivo di ogni strada è solo migliorare se stessi. ………….. Tecnicamente nel Karate tradizionale c’è sempre massimo controllo, Kime, Mai Ko. Per noi il Karate è un mezzo per migliorare se stesi, io non insegno a picchiare,a fare prevalere la ragione del più forte; chi è forte deve avere il massimo autocontrollo,capire nel profondo. Io ora ho capito che chi è più forte deve essere ancora più gentile, non il contrario(chi è più forte = più prepotente), ma per arrivare a questo deve soffrire, si deve temprare tecnicamente e fisicamente. Chi non ha sofferto,non arriverà mai alla gentilezza. Questa è la ‘virtù’ del Karate. C’è quella positiva = jintoku(virtù della personalità) e quella dell’ arte marziale = butoku, che non è solo cercare quello che è positivo, ma una virtù che insegna che tante voltesi soffre, tante volte si deve superare il momento della sofferenza; ci si deve dunque temprare tecnicamente. Cmq chi è forte deve allenarsi a migliorare se stesso e acquisire così la gentilezza. ………….. Come ho detto ‘tradizionale’ significa ‘continuare’ ma accettando cambiamenti e migliorie. Nel tempo tutto subisce un’ evoluzione, si cerca sempre di migliorare, di tenere il positivo e togliere il negativo. ……………. Nello Shotokan ci sono 26 Kata; chi non è capace né di fare Kumite né Kata non può parlare di tradizionale. ………….. Oggi gli stili nel Kumite si stanno avvicinando; ma non bisogna mai dimenticare la propria origine. Come ho gia detto solo conoscendo e accettando la nostra origine si è sicuri di sé stessi e diventa possibile accettare culture diverse dalle nostre. …………. A gli agonisti, ai giovani( italiani, giapponesi, inglesi, internazionali) piace il combattimento. Ognuno ha le sue caratteristiche e vorrebbe provarsi. Nel campo del Karate, ci sono tre possibilità: chi è forte fisicamente, oppure sportivo( che significa portato al combattimento), oppure chi propende per il Goshin Jitsu, la difesa personale. Quindi: nel primo caso lo fa per allenare i muscoli, nel secondo per prepararsi al combattimento, nel terzo per sapere difendersi. Gareggiare a livello internazionale è una grande opportunità per l’Italia, per i giovani, per capire non solo il Karate ma altre mentalità. La mente diventa più aperta. Per esempio io insegno che la tecnica di Karate è mezzo: chi è interessato al Karate deve approfondire la cultura giapponese, per esempio andare ai ristoranti giapponesi, leggere i libri sul Giappone, andare in Giappone, deve sapere tante cose della cultura giapponese. Altrimenti non si riesce a capire il Karate nel profondo. ……………. Dentro il Karate ci stanno tante cose:basta imparare e applicarle nella vita. Chi non è capace di applicare vuol dire che non ha ancora imparato, ha solo copiato esternamente. Nella nostra vita esistono i peccati di concupiscenza – i 108 bonno, (inganno delle passioni) diciamo noi in Giappone – esiste ciò che è negativo. Ma se le cose negative sono 49 e le positive 51, bene, si sta già migliorando, si è gia positivi. L’ importante è sempre cercare di migliorare, per questo c’è bisogno di tanto allenamento ed esperienza. Chi fa esperienza (anche tramite il Karate) comprende, accetta tutto ciò che è anche negativo, e impara ad applicare alla vita ciò che ha capito. Applicare non vuole dire solo imparare e basta, bisogna provare. Accettare la propria negatività e cercare di migliorare. “ognuno deve capire cosa gli piace, se preferisce una cosa piuttosto che un’ altra; finche la può avere bene, ma quando non può più e deve fare qualcosa che non gli piace, deve accettare quel momento perché lì c’è la chance, li ci si prova e ci si comincia a superare. Per esempio a qualcuno piace la carne, ne mangia tutti i giorni, poi un giorno basta, si stanca e non ne vuole più, vuole cambiare: quello è il momento di calarsi nel profondo di sé stessi, quello è il momento in cui si ha l’opportunità di capire e modificare. Bisogna capire profondamente e sottilmente: magari –è un esempio!- basta modificare il modo in cui si cucina la carne, aggiungere o togliere qualche ingrediente. L’ importante è capire e applicare. Così, abituandosi pian piano, la sua idea da negativa diventa positiva. Se diventa positiva, basta! In quel momento, insegna lo zen, si deve andare nel profondo e trasformare il negativo in positivo. Che sia tutto perfetto nella vita è difficile, impossibile, vero? I 108 bonno sono nella natura degli uomini. ………………. Penso che ognuno decida da solo quello che gli piace o non gli piace. Se uno continua (a fare una cosa) per anni e anni, significa che gli piace. Quando qualcosa piace davvero, per esempio se piace l’arte marziale, bisogna tirar fuori la propria personalità. Come il pittore sceglie la sua tecnica, la sceglie e la approfondisce, così anche noi scegliamo la tecnica, che ci piace di più, calcio o pugno, oppure un kata piuttosto che un altro. Cosi si deve entrarci e studiarla approfonditamente. Magari non ci piace una tecnica o un kata: si deve accettare e capire il perché. Così il Karate diventa mezzo per capire profondamente se stessi. Però non bisogna concentrarsi per capire, per migliorare, no: in questo gli italiani sono un po’ diversi. Devono sempre studiare, ragionare per capire: no, prima bisogna fare, fare, fare. Poi attraverso il Karate che è mezzo per migliorare, si arriveranno a capire tante cose. Anche il maestro Shirai credo insegni questo da sempre: non bisogna capire (con la testa) se una cosa ci piace o no, si deve ascoltare la sensazione che ci da. Non copiare (il concetto si deve copiare, non la tecnica:questa si può copiare solo agli inizi), non ragionare. Questa è la mia opinione: a te piace questa cosa? Ok, allora approfondiscila, piano piano la personalità verrà fuori. Da 45 anni pratico il Karate , tante volte avrei voluto smettere, ma continuo perché evidentemente mi piace. Allora, se non ho cambiato mestiere, significa che ho superato quei momenti. “A me piace la realtà, quando non c’è realtà non mi fido. Se mi piace qualcosa, la voglio mangiare, o toccare; facendone esperienza diretta, solo così arriva la sicurezza di sé e dei propri gusti. Sto dicendo la stessa cosa dall’inizio, si torna sempre allo steso punto: in qualsiasi cosa, in qualsiasi materia, in qualsiasi campo è uguale. Anche nell’arte ciò che conta è la sensazione: ci si muove d’istinto. Un mio difetto è quello di non calcolare mai prima, ma agire subito d’istinto; e dopo capire. Per esperienza se agisco per calcolo và male, se faccio una cosa perché sono convinto va bene: non so perché ma è proprio così!”
Intervista a Takeshi Naito DI Carli Rossi e Alice Ripa pubblicato sù SAMURAI

15 commenti:

Fabrizio ha detto...

Quello che dice Naito corrisponde esattamente alla realtà. Non va preso come una critica agli italiani (non c’è un passo nell’articolo che indichi che sia meglio o peggio), ma è una analisi generale sul senso profondo di due culture a confronto che lui riduce a italiani e giapponesi, ma che in realtà andrebbe applicata a occidentali e orientali in generale.
Al di là di tutti gli elementi negativi che hanno anche i giapponesi, l’aspetto del fare ha dato a quel popolo una marcia in più. Quando studiavo storia rimasi profondamente colpito
dalla grande trasformazione del Giappone avvenuta nella seconda metà dell‘800. In meno di 30 anni il Giappone si trasforma da stato feudale e arretrato in stato moderno, fino a diventare una potenza mondiale. Rendiamoci conto che l’evoluzione di 2000 anni dell’occidente è stata raggiunta (e superata...) in 30 anni. Come è stato possibile? La risposta è nelle parole del maestro Naito: con il fare. Con questo substrato è stato possibile decidere e poi applicare immediatamente. Con un sistema gerarchico impeccabile, i tecnici sono stati mandati a studiare ingegneria, economia, scienze e arti in occidente e, al rientro applicavano immediatemente, senza pensare troppo. E‘ così che il Giappone ha raggiunto il livello tecnologico che tutti conosciamo.
Scusate questa parentesi storica ma l’articolo di Luca mi ha stimolato quel ricordo che penso si possa ricollegare a quanto affermato da Naito...
Poichè i Giapponesi hanno nel DNA questo approccio alla realtà per noi risulta molto difficile avvicinarci...ma se quando siamo in palestra ci mettiamo in un’ottica passiva (in senso positivo), cioè il maestro chiede e io eseguo (senza pensare ad altro...), forse diventa tutto più semplice...pian piano ovviamente.
OSS

Diego ha detto...

Che dire, chi vede il Maestro Naito muoversi non può che rimanere stupefatto, ha le movenze di una pantera. Il Maestri Naito e Shirai hanno un modo di "fare" Karatè, per i miei occhi, diverso, è diversa la dinamica del corpo, sembrano provenire da due "tradizioni" differenti. In ogni modo entrambe sono "unici"!!!

ely ha detto...

grazie luca per aver postato qst intervista...ho appena finito di leggerla ed ho 10000 pensieri che mi frullano in testa...è veramente interessante e fonte di molteplici riflessioni soprattutto riguardo alla sfera personale. Ossss

a.schiaretti ha detto...

Sembra superfluo commentare un semplice concetto come il fatto che un'azione provoca sempre una reazzione....etc.Mi pare comunque che dalla moltitudine di lati nei quali il Maestro indica lo stesso concetto, il "comune divisore multiplo" sia certemente il Suo essere un combattente sia nella vita che nel'arte e che solo agendo con costanza e severità si possono ottenere risultati.Inteso questo, mi sento pienamente di condividere; anche se poi nell'aplicarlo sono forse un po più italiano e un pò piu propenso verso l'idea del Maestro Egami che indica nel corpo e nella mente le due ruote dello stesso carro.Ma certamente guardando il Maestro Naito muoversi come gia detto da Diego con movenze simili ad una pantera in caccia mi accontenterei di riucire a raggiungere un decimo del suo livello, quindi non sono certo in grado di commentare ma solo di sperare di capire.Ci@o

valeria ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Fabrizio ha detto...
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Diego ha detto...

Leggendo i vostri post ho la conferma che il Mastro Naito ha ragione, pensiamo troppo e agiamo poco. Il Karate per prima cosa è fare fare fare, non c’è spazio per la “chiacchiera”. Come più volte spiegato dal Maestro Munari il Karate è meditazione in movimento, in particolare il Goshin-Do.

Scriversi i Kyon, riassumere le cose fatte in allenamento, fa parte del nostro modo di agire da occidentali (premetto che io sono il primo a farlo), ma non serve, basta poi che l’allenamento successivo si cambi una virgola e il castello crolla!!!

Il Maestro Shirai e a seguire i nostri Maestri, complicano continuamente le sequenze dei Kyon, i bunkai ecc… se ci affidiamo alla razionalità, agli appunti presi, ci ritroviamo completamente persi, ogni volta si parte da zero (scrivo per esperienza).

Se invece abbiamo la mente vuota, pronta ad assorbire senza condizionamenti, forse, dico forse perché io non ci sono ancora riuscito, si riesce a seguire e praticare come vuole il Maestro.

Fabrizio ha detto...

Ciao Diego, hai perfettamente ragione però aggiungo due chiacchiere:

1.Io prendo appunti solo perchè essendo un principiante, spesso applico fuori dagli allenamenti e se non so cosa fare è dura allenarsi;
2.Nel mio primo commento ho cercato di riportare un fatto storico, quindi obiettivo, dove IL FARE ha determinato un grande cambiamento...
La chiacchiera è un'opinione, l'argomentazione logica è un'altra cosa...però sempre occidentale, azz...ci sono cascato :-)
PS: non trattarmi male domani mattina... :-)
OSS

Bea ha detto...

A prposito di chiacchiere, mi viene istintivo...al di là di tutto, sembra quasi che qualcuno di voi si senta a disagio ad essere occidentale, mi sbaglio? Sarà, io ne vado fiera...

Diego ha detto...

Ciao Fabrizio,
il mio commento è per sottolineare come noi abbiamo bisogno di pensare, appoggiarsi a un metodo “scientifico”.

Io ho un documento, Luca mi è testimone, in cui scrivo tutto, Bunkai, Khion, quello che faccio negli stage e negli allenamenti ecc… Avere questo documento è un’ancora, mi fa sentire tranquillo, ma è sulla base di questa esperienze che dico che non serve (continuo comunque ad aggiornarlo), o meglio, mi serve solo nel momento in cui devo riproporre un allenamento o preparare un esame.

Il Maestro Nishyama, per far “capire” il Karate negli USA, ha dovuto motivare scientificamente come mai il Karate è efficace, come va usato il corpo, come la corretta dinamica ha impatto nel Karate, non ha usato il metodo Giapponese…”fai e non fare domande”.

Per concludere, un nostro maestro ha detto (non posso fare il nome) “Noi occidentali non abbiamo lo Zanshin, non è nel nostro DNA …. dobbiamo almeno sforzarci di far finta di averlo”.

Fabrizio ha detto...
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valeria ha detto...
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Diego ha detto...

STOP STOP STOP, questo è un blog sul Karate, la sua pratica, la nostra società sportiva. Non andate oltre, altre tematiche è bene trattarle fuori di qui.

Oss!

Fabrizio ha detto...

Concordo, infatti ho eliminato i miei commenti alla Valeria.
Vale, ti chiedo una cortesia: la prossima volta fermati alle parole che scrivo, evitando di interpretare o aggiungere. Non ho scritto niente di quello che dici. Nessuno del gruppo ha usato certi toni.
Niente di personale.
Stop.

Alessandra C. ha detto...

in effetti anch'io come Andrea mi ritrovo di più nel pensiero di Egami, secondo il quale pensiero e corpo sono due ruote dello stesso carro. mi accorgo che quando la testa non c'è, il mio karate fa più acqua del solito. non riesco a "fare" e basta, lasciando che l'istinto si prenda lo spazio che desidera. si tratta di qualcosa che mi piacerebbe correggere. nel karate come nella vita. perchè in fondo la personalità di un karateca si capisce da come pratica il karate. ammiro molto il pensiero di Naito e vorrei davvero essere capace di avvicinarmi a un concetto del genere. però, ha ragione il maestro, noi occidentali siamo sempre troppo razionali e calcolatori. desideriamo avere spiegazioni dettagliate; leggiamo libri di teoria; studiamo per anni, a partire dalle scuole elementari, quintalate di pagine...ma non facciamo mai pratica. ci aspettiamo risposte dalla scienza e accantoniamo tutto quello che non è direttamente verificabile. e tutto quello che la mente non è capace di comprendere diventa impossibile, incredibile, improbabile...in effetti, noi occidentali ci siamo lasciati alle spalle le connessioni più profonde dell'uomo con la natura. ci siamo un po' dimenticati di come eravamo. anche il nostro karate diventa estremamente razionale. e lo smontiamo e lo indaghiamo per cercare di dare un senso a tutto, ma ci dimentichiamo di fare...nel senso che la pratica resta sempre più indietro rispetto ai nostri pensieri. forse rifuggiamo l'errore e crediamo che analizzare tanto qualcosa possa permetterci di comprenderla profondamente e di non sbagliare. la verità è che abbiamo bisogno di un numero enorme di punti di riferimento e se li perdiamo o se cerchiamo di liberarcene o di modificarli...finiamo per non capirci più niente. come quando cambiamo la combinazione del kion..........
detto questo, sono fiera di essere occidentale. non per qualche motivo specifico, ma semplicemente perché è in occidente che sono nata. Dobbiamo iniziare da noi stessi per migliorare, come dice Naito. Siamo quello che siamo. Abbiamo la nostra storia di popolo, la nostra cultura…il nostro modo di interpretare la vita e di viverla. E non è sbagliato. E’ solo diverso.

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